Alighiero Boetti

[…] mi ritrovo a parlare sempre di questo concetto del doppio, che […] percorre tutto il mio lavoro. Il fatto è che ci troviamo di fronte a una realtà naturale: è incontrovertibile che una cellula si divida in due, poi in quattro e così via; che noi abbiamo due gambe, due braccia e due occhi e così via; che lo specchio raddoppi le immagini; che l’uomo abbia fondato tutta la sua esistenza su una serie di modelli binari, compresi i computer; che il linguaggio proceda per coppie di termini contrapposti […]. È evidente che questo concetto della coppia è uno degli elementi archetipi fondamentali della nostra cultura […]. (A. Boetti, 1988) Nasce a Torino il 16 dicembre 1940. Sin da adolescente è incuriosito dall’esotismo, che intravede negli acquarelli marocchini di Paul Klee, e s'interessa alle gesta dell'avo Giovan Battista Boetti (1743-94), missionario domenicano nell'antica città mesopotamica [oggi irakena] di Mossul, poi convertitosi all'esoterismo persiano e al sufismo. Abbandonata facoltà di Economia e Commercio, si avvicina da autodidatta all’arte. Guarda alla recente tradizione informale e tachiste (1960-62), all'espressionismo americano, allo spazialismo di Lucio Fontana (1961), ai disegni “alla mescalina” di Henri Michaux (1962) e alla ricostruzione futurista dell'universo di Giacomo Balla (1963). Nel 1963-64 soggiorna a lungo a Parigi, dove studia incisione; scopre l'astrattismo lirico di Nicolas de Staël, il drammatico materismo di Jean Dubuffet, l'arte universale del Museo immaginario di André Malraux. Legge le opere del sinologo Marcel Granet e s'interessa alle ricerche di Gaston Bachelard sull'immaginario poetico. Rientrato a Torino, realizza con materiali industriali opere tridimensionali basate sulla tautologia o derivate da oggetti d'uso comune (Sedia e Scala; Zig-zag, Mancorrente. Catasta, 1966, Museo d’arte contemporanea Castello di Rivoli, Torino), che espone nella sua prima mostra personale alla Galleria Christian Stein di Torino nel 1967. La ricerca sul valore dei materiali al di là di referenti simbolici o culturali e lo stretto rapporto tra oggetto e immagine, che le sue opere sottendono, spingono il critico Germano Celant a inserire l'artista nel movimento dell'arte povera. Da qui la partecipazione a mostre quali Arte povera -IM spazio alla galleria La Bertesca di Genova (1967) e Arte Povera + Azioni Povere negli spazi degli Antichi Arsenali della Repubblica di Amalfi (1968). Avvertita l'esigenza di superare tale ricerca in favore dell'idea, s’interessa alle possibilità estetiche e comunicative del mezzo postale e alla definizione di una propria nuova identità, che formula per la prima volta nel doppio ritratto Gemelli (1968). Questa tendenza ad assottigliare il corpo dell'opera trova riscontro nella partecipazione alle mostre Live in your Head. When Attitudes become Forms (1969), Processi di pensiero visualizzati e Vitalità del negativo (1970). Tornato alla bidimensionalità del foglio di carta con Cimento dell’armonia e dell’invenzione (1969), avvia nel 1969 la serie dei Lavori postali, basata sulla scansione del tempo e sulle leggi della permutazione matematica. Ispirato da Il romanzo dei grandi fiumi di Albert Hochheimer (edito in Italia nel 1956), porta a termine nel 1970-74 un impegnativo lavoro di documentazione, teso a verificare l'illusoria precarietà di ogni conoscenza scientifico-razionalistica del mondo. Raccolto nel volume Classifying, the thousand longest rivers in the world (1977), questo ispira la creazione dell’omonima serie di ricami su tessuto e dei relativi progetti (1976-82, The Museum of Modern Art, New York). In cerca di nuovi stimoli, scopre nel 1971 l'Afghanistan dove, da questo momento fino al 1979, soggiornerà a lungo almeno due volte l'anno. A Kabul apre un albergo, l'One Hotel, e comincia a far tessere dalle donne del luogo arazzi multicolore, inaugurando così un procedimento artistico basato sullo scarto temporale tra momento ideativo ed esecuzione dell'opera, che prende corpo nella serie delle grandi Mappe ricamate del globo terrestre (1972-1992). Contemporaneamente, sulla scorta del saggio di Norman Oliver Brown Love's body [Random House, New York 1966; tradotto in Italia come Corpo d’amore, Il Saggiatore, Milano 1969] l'artista inizia una riflessione sulla biologia del corpo umano che, sviluppata nel 1970 in alcune performance di “scrittura a due mani”, giunge nel 1975 a una piena formulazione. Trasferitosi nel contempo a Roma, dove nel 1973 conosce Francesco Clemente, la sua ricerca si amplia e si articola attraverso la delega a terzi della realizzazione pratica dei lavori, come i grandi pannelli a biro, nei quali l'artista interviene solo nell’invenzione del codice, trasformando la scrittura in un rebus crittografico. Con queste opere egli approda nel 1974 a New York, dove espone nella collettiva Eight Contemporary Artists al The Museum of Modern Art. Seguono, tra il 1974 e il 1976, viaggi in Guatemala, Etiopia, Sudan. Nel 1975 è nuovamente a New York. Il sottile gioco linguistico e formale che ispira l'accostamento di parole simili di significato opposto, come Ordine e disordine (1973) o l'alternanza grafica tra lettere e sfondo all’interno di una griglia quadrata, caratterizza anche le “opere matematiche” che Boetti compie tra il 1975 e il 1977, affascinato dalle leggi che governano la progressione numerica e le potenzialità di accelerazione implicite nella moltiplicazione. Legato a tale ricerca è il progetto del 1975 Da mille a mille per la decorazione del fronte interno del portico di recinzione nel centro scolastico della Dar Al Hanan Institution a Gedda (mai realizzato). Data al 1978 l'antologica curata da Jean Christophe Ammann alla Kunsthalle di Basilea, che raccoglie opere storiche insieme ai lavori più recenti: gli Aerei (1977), caratterizzati da una fedele riproduzione nata dalla collaborazione con il disegnatore Guido Fuga (1977), e le opere tratte da fatti di cronaca ed eventi politico-culturali resi noti dai giornali (Gary Gilmore, 1977, Fondazione Maramotti, Reggio Emilia). L'interesse per i mezzi di comunicazione sfocia nel 1980 nella collaborazione con il quotidiano “Il Manifesto” di Roma, per il quale realizza ogni giorno, per un anno, un disegno, portando a compimento l'idea di un'opera seriale di larga fruizione. Segue nel 1983 la serie di disegni ricalcati a matita dalle copertine delle riviste più popolari, a formare una sorta di sintesi ironica dell'eredità visiva di un anno. In questo decennio le opere s'infittiscono di lettere e interi racconti scritti con la mano sinistra, acsuiatndo al contempo un cromatismo vivace, che culmina nella saturazione totale dei Tutto, realizzati con la collaborazione delle ricamatrice afgane rifugiatesi a Peshawar, in Pakistan, dopo l'invasione sovietica. Allo stesso anno risale il grande mosaico murale in ceramica bianca per il muro esterno dell'Art Gallery presso la California State University at Northridge, Los Angeles, realizzato a partire dai cartoni disegnati dagli studenti su indicazione dell'artista. Nel 1985 a Tokyo s'interessa allo shodo: l'arte della calligrafia giapponese, collaborando con il maestro Enomoto San. Nel 1989 disegna scene e costumi per lo spettacolo di Vita Accardi Hanjo, tratto dai Nô Moderni di Yukio Mischima [pseudonimo dello scrittore e drammaturgo giapponese Hiraoka Kimitake, importante autore del teatro kabuki], rappresentato quello stesso anno al Teatro in Trastevere di Roma. Nel 1990 ottiene il Premio speciale della Giuria alla XLIV Biennale di Venezia, dov'è invitato con una sala personale, dove espone opere su carta di notevoli dimensioni caratterizzate da un flusso incessante di immagini, che sviluppano la ricerca avviata negli anni ottanta con i Tutto e i disegni Extra-strong. Accanto a opere di piccolo formato eseguite in prima persona, in vista della personale al Magasin di Grenoble del 1993 Boetti dirige due opere monumentali e corali: i 50 Kilim sul tema Alternando da uno a cento e viceversa e Oeuvre postale: il più grande lavoro postale mai concepito, compiuto con la collaborazione del Museé de la Poste di Parigi. Nel 1993 porta a termine un progetto risalente alla fine degli anni Settanta, Autoritratto, una statua tratta dal calco del suo corpo fuso in bronzo, inteso come simbolizzazione della forza creativa dell'artista. Nell'estate dello stesso anno gli è diagnosticato un tumore. Muore a Roma il 24 aprile 1994.

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  • Quello che non succede in mille anni succederà in un attimo

    Embroideries, Letter - Small
    49,8 x 44,8 cms
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  • Oggi ventottesimo giorno del settimo all amato pantheon (Ordine e Disordine) 1988

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    111,6 x 112,4 cms
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  • Sciogliersi come neve al sole - 1988

    Embroideries, Letter - Large
    106 x 110,5 cms
    @ Boetti

  • Cinque per cinque venticinque - 1988

    Embroideries, Letter - Small
    21 x 23 cms
    @ Boetti

  • Senza Titolo (Ordine e Disordine) - 1988

    Embroideries, Letter - Large
    107 x 108 cms
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  • Le infinite Possibilità di esistere - 1991

    Embroideries, Letter - Small
    34,8 x 34,3 cms
    @ Boetti

  • Alighiero Caterina e Giordano Boetti - 1992

    113 x 105 cms
    @ Boetti

  • Embroideries, Letter - Small

    Dimensioni Varie
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  • Rembrandt (Extra strong) - 1991 1992

    21 x 29.3 x 1.5 cms
    @ Boetti

  • Rembrandt (Extra strong) - 1991 1992

    21 x 29.3 x 1.5 cms
    @ Boetti

  • Rembrandt (Extra strong) - 1991 1992

    21 x 29.3 x 1.5 cms
    @ Boetti