Anish Kapoor

Nasce nel 1954 a Bombay da padre indiano e madre ebrea irachena. Dopo aver frequentato in Israele una scuola di elettronica (1971-72), si trasferisce in Inghilterra, dove studia prima al Hornsey College of Art, poi alla Chelsea School of Art Design di Londra. Sin dai primi lavori la sua ricerca si focalizza su temi quali: la dialettica degli opposti, la sessualità, il rito. In sintonia con l'arte povera o con l'esempio di Joseph Beuys, pesegue un'idea ampia e “allargata” di scultura, per aprirla a nuove forme e significati. Nel 1979 riscopre l'India e prende coscienza del proprio situarsi sulla sottile linea di un confine tra due culture, quella orientale e quella occidentale. Al suo ritorno in Inghilterra realizza con il colore puro la serie dei 1000 Names: oggetti scultorei instabili tra geometria e biomorfismo, completamente ricoperti di pigmento, che con il suo intenso colore elude il manufatto per suggerisce lo spazio infnito. Dopo le prime personali a Parigi e Londra (1980-81) inizia a collaborare con la londinese Lisson Gallery di Nicholas Longsdail, fucina degli scultori della Nuova Scultura Britannica. La tensione tra opposte dualità - maschile-femminile, tangibile- immateriale, interiore-esteriore - vanno a poco a poco risolvendosi (Place, 1983; Mother as a Mountain,1985). Nel 1990 Kapoor è chiamato a rappresentare la Gran Bretagna alla 44a Biennale di Venezia, dove ottiene il Premio Duemila. L'anno dopo consegue il Turner Prize (Void Field, 1989), che ratifica il suo successo internazionale. Con Descent into Limbo partecipa nel 1992 a Documenta 9 a Kassel. Le opere crescono di dimensioni, arrivando a invadere lo spazio e ad assorbirlo, producendo nello spettatore un impatto fisico e sensuale oltre che percettivo, come testimonia l'opera architettonica Building for Void commissionata nello stesso anno dall'Expo di Siviglia. La sperimentazione di materiali - dal granito al marmo di Carrara, dall'ardesia all'arenaria (Ghost, 1998) – e il lavoro con superfici riflettenti e deformanti, che annullino l'immagine (Double Mirror, 1997) o le imprimano una vertigine (Turning the World Upside Down, 1995; Suck, 1998), riflettono un cimento continuo con la materia, per liberarla da qualsiasi forma e dare forma tangibile al vuoto. In tal senso, la più compiuta messa in scena di un enorme vuoto è Taratantara: una doppia tromba lunga 51 metri per 32 di altezza, intitolata Marsyas (2002) e realizzata in una membrana di pvc rosso scuro simile a una pelle tirata. Nata nel 1999 per il Baltic, Center for Contemporary Art di Gateshead, è riproposta nel 2000 in Piazza del Plebiscito a Napoli per la rassegna L'arte in piazza. Nella stessa città espone nel 2003 al Museo Archeologico di Napoli. Seguono negli anni successivi incarichi importanti per opere pubbliche, tra le quali ricordiamo: Cloud Gate al Millennium Park di Chicago (2004), Sky Mirror a Nottingham (2001) e al Rockefeller Centre di New York (2006); Memory al Deutsche Guggenheim di Berlino (2008). Vive e lavora a Londra.