Taaffe - Wool

10 giugno 2015

A cura di Eduardo Cicelyn

la superficie moderna dell’astrattismo è il linguaggio che si chiude in se stesso, che assorbe il fuori, il mondo al di là del quadro, come propria piega interna. l’arte astratta produce senso, ne produce tanto, ma lo fa per successive formalizzazioni (piega su piega), costruendo dispositivi linguistici autosufficienti. i quadri di taaffe e di wool ereditano la superficie dell’astrattismo, unico e supremo spazio d’azione, e ne evidenziano la funzione postmoderna di schermo che svela ma che, per l'appunto, scherma. in due direzioni opposte e complementari. taaffe disegnando arabeschi che confondono figure e segni con riferimenti culturali intrecciati, volutamente indistricabili: una sorta di migrazione lenta, un flusso di immagini provenienti da mondi lontani, di cui percepiamo solo frammenti, alfabeti interrotti o rimescolati per lessici e grammatiche diverse. e quanto più i modelli assemblati divergono, tanto più lo schema si chiude in un ordine visivo serrato e suadente. taaffe dipinge una struttura astratta che vibra ma non cede all'irrazionale, rifuggendo dal caos multiculturale. all'inverso, il quadro di wool ingloba per sottrazione. tutto ciò che dall'esterno viene catturato nella cornice è sottoposto a un processo di ritaglio, di scarnificazione, di pulitura e poi di rimontaggio seriale. dagli elementi geometrici o floreali, alle lettere, alle linee, alle macchie d'inchiostro, non c'è nulla che non possa e che non debba essere riprodotto, ripresentato, rimodulato, riposizionato, rivisto. se taaffe guarda molto lontano, verso l'oriente, in una prospettiva globalizzante, l'universo di wool sembra formare il suo linguaggio nell'undergrond urbano, in quel groviglio di segni che si arrampicano dalle strade ai muri, tra cancellature, errori, sovrapposizioni, sbavature, ridondanze. qui il quadro è un territorio da marcare, a cui appartenere per sempre, uno spazio circoscritto che va esplorato in ogni angolo, toccato con mano, posseduto. o sacerdote di una religione sincretica, ricca di immagini e di simbologie, o animale metropolitano, spesso implicato in faccende di scritture e dipinti da praticare con rischio, il pittore postmoderno lavora i segni con ostinazione in un orizzonte che piccolo o grande che sia è tutto il mondo che c'è. la questione è come non perdersi nell'illusione di ciò che è contingente. forze diverse, opposte, si contendono il campo. ci sono pieghe interne ed esterne e i bordi non sempre si distinguono. trattenere sulla superficie del quadro ciò che spinge per entrare e nello stesso tempo lasciar trapelare ciò che spinge per uscire, trovando un equilibrio non statico tra linguaggio e materia, pensiero e azione, forma e desiderio è il compito del pittore astratto. da una parte, la ricchezza polisemica di scenari esotici perduti nell'immaginazione, questa è la via esoterica e cosmopolita di taaffe; dall'altra, la proliferazione violenta di parole e di figure ripetitive, al pari di sgorbi e di segni intrisi, anzi sporchi di vita vissuta, con wool l'astrattismo imbocca la sua desolation row, lirica ed ermetica come quella di una canzone che risuona nella testa. nessuno sa se l'essenza delle cose è il rigoglio delle forme o la scarna e desolante ripetizione di una mancanza incolmabile.