Bianchi-Nunzio

dal 15 Giugno 2023

A cura di Eduardo Cicelyn

in un modo o nell’altro si tratta di prendere spazio alterando volumi, linee, angoli. con qualche artificio ricomporre immagini che si sono perse nelle pieghe di materie molto lavorate; e da qualcosa che è dentro o che è fuori riportare in superficie l’idea che la materia stessa abbia un’immaginazione per far sì che si possa vedere quello che non c’è. bianchi e nunzio da sempre lavorano al buio cercando a tentoni una via verso la luce. puntando lo sguardo verso un centro ipotetico, uno la trova nella cera che si riscalda e s’impasta fino a trasparire da architetture reticolari; l’altro aspettando che il piombo compia tutta la sua esistenza mutevole e il legno bruciato la contenga tutta spegnendola o accendendola all’improvviso nel contrasto di colori puri spalmati con devozione. per i due artisti la luce è tutto ciò che la pittura e la scultura sperano di catturare stendendo veli su un mondo pensato e perduto nel linguaggio. come se nient’altro avesse significato. come se non fosse di alcuna importanza la vita che freme oltre le pareti della galleria, la società scossa da turbamenti politici, i venti di guerra, le crisi economiche, i conflitti tra le persone, la persecuzione dei diversi per razza e per genere. in effetti, per quanto il mondo sia ingiusto e violento, dovremmo avere il coraggio di dire una volta per tutte che l’arte non ha le parole per dirlo, se non snaturandosi e diventando spettacolo d’intrattenimento per piccole folle che non muovono e non cambiano nulla. bianchi e nunzio mostrano con naturalezza di non sapere e di non potere perché sono due artisti con identità chiare e lunghe carriere alle spalle. entrambi hanno già esposto in questa galleria che compie ora dieci anni di vita; del loro lavoro chi frequenta l’ambiente sa molto, se non tutto e comunque con i mezzi di oggi non sarà difficile ai meno informati reperire ogni utile notizia. qui preme ribadire che, nonostante le mode di una nuova cultura visiva declamante, pseudoimpegnata, partecipativa, relazionale, avere a che fare con l’arte significa pensare e vedere nei modi di un linguaggio con una storia speciale e inverosimile, dato che non si realizza in niente se non in invenzioni inutili e spesso moleste. un quadro e una scultura sono pensieri ipotetici che si fanno largo nel dai e dai del lavoro quotidiano senza alcuna certezza di futuro. ed è proprio questa dimensione astratta dell’arte a definire lo spazio che tiene insieme qui e altrove i lavori di bianchi e di nunzio: se dal concetto di astrazione scostiamo il velo idealista che lo rende sospetto al gusto contemporaneo; se cioè riusciamo a percepire nelle opere qui esposte il lavoro sordo delle materie che hanno bruciato, si sono liquefatte e poi solidificate, oppure piegate fino ad assumere le sembianze attuali. anche ora, una a fianco all’altra, esposte a un’esistenza visiva che sottende desideri, progetti, ricerche, per quanto siano ben composte e allineate nel modo più esatto, le opere d’arte non sono altro che forme alla ricerca di vita, tentativi di esistere sospesi nel nulla. così come gli artisti che le hanno create, esseri fragili indecisi sul futuro ma non rassegnati alla mera presenza. esserci, provarci e resistere è il modo autentico di stare al mondo dell’arte. in questo l’arte è da sempre impegnata.