Fabro

13 novembre 2015

A cura di Eduardo Cicelyn

Luciano Fabro (1936-2007) è considerato uno tra i maggiori artisti del secondo dopoguerra. Espandendone con la sua ricerca le possibilità espressive, Fabro è stato l'artista che ha ripensato la forma scultura in una dialettica aperta o, se si vuole, in un gioco di risonanze e di specchi tra materiali, senso e contesti. E l'estrema tensione concettuale, al limite spesso di una ironica noncuranza, sempre rintracciabile in ogni sua opera, a partire dai titoli, è un moltiplicatore di significati, mai abbandono al probabile e al relativo o al giudizio soggettivo del fruitore. Che ci siano molti punti vista e che l'arte sia uno spazio d'attenzione entro cui si gioca una partita del tutto speciale non significa mai per Fabro cedimento all'imponderabile e al caso. Si può dire che alla pratica dell'installazione tipica dell'Arte Povera, di cui fu tra i protagonisti, abbia sostituito l'idea regolativa dell'habitat, che è quella di un luogo spesso fragile e provvisorio in cui lo spettatore e l'artista si accompagnano in un nuovo regime della visibilità. Si tratta di mettere alla prova la concezione di un'opera d'arte partecipe di uno spazio non più pittorico, ma concreto e reale, in cui l'esperienza del vedere sia ricondotta a una raffinata semplicità. Nei cicli di opere ormai famose, dalle <em>Italie</em>, ai <em>Piedi</em>, agli <em>Attaccapanni</em> fino ai marmi che guardano alla mitologia greca, Luciano Fabro ha reso esplicito il suo dispositivo concettuale, ribaltando la funzione simbolica comunemente accettata di forme note, la silhouette delle quali, realizzata in vari materiali, è esposta in modi inconsueti e spiazzanti. L&rsquo;intento è sempre quello di indurre nel fruitore un'esperienza dello spazio, compiuta con tutti i sensi e senza pregiudizi, sviluppando però una modalità espressiva più dedita alla costruzione di forme nuove. In questi lavori Fabro recupera dimensioni monumentali, una concezione sontuosa e un lavoro artigianale memore della migliore tradizione italiana, ricorrendo a materiali preziosi quali marmo, vetro e seta e, soprattutto, al colore e alla luce. Senza mai rinunciare alla sfumatura ironica e al piglio di sperimentatore incontentabile e imprevedibile. Con i <em>Gioielli </em>che qui invadono la grande sala della galleria la riflessione si sposta al confine tra il quadro e la scultura: forma e colore, superficie e profondità, leggerezza e peso sono i poli tra cui oscillano i tre lavori, uno dentro l'altro, come bandiere o panni preziosi di memorie stesi al vento, da vedere di fronte, di lato o attraverso. L'arte non è che il modo più intenso di abitare consapevolmente il mondo in cui si passa, si guarda, si vive. Il mondo in cui si espone e ci si espone.