Biasiucci - Tombola

dal 15 Dicembre 2022

A cura di Eduardo Cicelyn

sin dagli inizi, dai primi anni ottanta, concentrando lo sguardo nelle zone per così dire arretrate del mondo (dalla campagna campana alla periferia napoletana, dalle stalle ai vulcani), biasiucci si è incamminato su una strada solitaria che lo ha condotto a perlustrare i confini disabitati e inabitabili del mondo. né sociologia, né metafisica del quotidiano, le sue immagini sono piuttosto uno strenuo e interminabile tentativo di riordinare il mondo secondo una cosmogonia malinconica. fuori, solo apparenze ingannevoli, laccate, folgorate dalla luce di una ragione accecante e proterva. dentro, nella caverna buia, nella bocca spaventosa del vulcano, nella enorme e calda vagina della vacca, il vortice lento e incessante della produzione e del mutamento della materia, con i suoi volumi e le sue forme cangianti, impasto dei medesimi elementi. la fotografia di biasiucci sempre questo racconta: il venire alla luce di ciò che sfuma nell’ombra e si perde nelle tenebre. da molto tempo gli si chiedeva di lavorare su napoli, tra le città più fotogeniche del mondo, ma non si riusciva a capire da quale punto di vista e a quale scopo un’opera del genere sarebbe stata possibile dentro i confini astratti del suo linguaggio notturno. e poi l’idea di osservare la città, antica e moderna, nella griglia concettuale della smorfia partenopea, contrassegnata da numeri che sono forme immaginifiche, serializzata nello schema di un gioco che si ripete in combinazioni molteplici: ecco forse questa tombola che sfiora l’assurdo di definizioni completamente reinterpretate è un modo giusto di reimmaginare la città ad occhi bendati con lo sguardo cieco messo a lavorare dove le cose sono incerte e le parole si muovono a tentoni. ed è anche un modo per interrogarsi sul senso moderno di un’arte che veicoli non il persistere dell’immagine, come garanzia di significati stabili e durevoli (il vero, il giusto, il bello), ma l’insistenza di ciò che ha senso solo ed esclusivamente nella provvisorietà di apparizioni inaspettate: un’arte come la magia, che suscita credenze e non convinzioni, quando mostra e non mostra e, illudendo, si avvera di volta in volta. nel racconto di roland barthes quest’arte è la fotografia, la cui essenza è di essere al tempo stesso constatativa ed esclamativa: “inconcepibile confusione tra realtà (ciò è stato) e verità (è esattamente questo!)”. la verità di napoli, ammesso che ce ne sia una e che non si esaurisca nel luogo comune, cioè nella sua autorappresenta- zione folkloristica, sembra destinata per ragioni addirittura antropologiche, a presentarsi come qualcosa di straordinario, ma sempre uguale a se stessa, nel bene e nel male. nel nuovo racconto di antonio biasiucci la verità si costituisce invece sul confine estremo delle cose reali che si deformano e mutano di significato per sapere cabalistico. e la città è un fondale magmatico da cui si staccano segni e figure come ombre fluttuanti nel tempo e nello spazio: un polittico d’immagini che desiderano stare insieme, tessere di un medesimo gioco, polimorfiche, sfuggenti, in tensione l’una con l’altra, alla fin fine ciascuna sprofondata in se stessa. la verità per biasiucci non è mai una e non è mai sola, perché si modifica per allusioni, accostamenti, associazioni tra un tassello e l’altro, un numero che si allinea al successivo nelle infinite, casuali combinazioni della vita e del sogno mentre tutto svanisce nel nero più nero.

Biasiucci - Tombola